L’uomo visibile di Chuck Klosterman

Ognuno vede quello che vuole.

Vi è mai capitato di osservare una persona senza essere visti anche solo per pochi minuti senza cadere nel voyerismo? Quale curiosità scatenerebbe il vostro interesse? Ne “L’uomo visibile” di Chuck Klosterman (Alter Ego), è quella che ha motivato la terapeuta Vicky a seguire un misterioso paziente per sei mesi e dopo anni a scriverne un libro fatto di racconti a memoria, di sbobinamenti di registrazioni vecchio stile.

Vicky ha alle spalle una solida carriera ventennale come psicologa. Viene contattata da un uomo residente in città per un ciclo di sedute telefoniche che pagherà in contanti. Niente moduli compilati, nessuna informazione personale. Forse è più un azzardo che rispetto della privacy.

Dopo ognuno dei primi tre colloqui di venerdì, fissati al cellulare, Vicky traccia tre profili patologici: dipendenza da sostanze stupefacenti, depressione, obesità per isolamento domestico.

Y___ , come lei chiama il paziente, inizia a raccontare la sua vita attraverso messaggi in segreteria o con telefonate. Ma chi è quest’uomo che sembra leggere un copione alternando voce pacata a tono agitato? Lui detta le condizioni per proseguire le sedute, svela la sua ricerca del “sentirmi o sentirsi in colpa”, gioca con un’ottima eloquenza e capacità di analisi tanto da mettere in crisi Vicky che dubita della sua stessa professionalità. Si sente una fallita.

Profilo: uomo di talento tanto da saltare anni di scuola, interessato fin dall’infanzia a scoprire la verità sulla natura umana, scienziato. Questi sono ingredienti che rendono la sua vita surreale, inquietante, paranoica, volta alla ricerca di ignare persone sole da osservare per scoprire quanto sono diverse da ciò che vivono al di fuori della loro casa. Vittime inconsapevoli dell’uomo invisibile, reso tale attraverso una tuta ricoperta di crema rifrangente, un’illusione ottica.

La morale della favola è questa, Vicky. Lei è internet. Rappresenta il ponte grazie al quale mi accingo a superare il divario tra le mie due vite, quella esteriore e quella interiore.

Vicky riesce a convincerlo ad iniziare la terapia con incontri in studio. Conosce un uomo strano, alto, magro, cadaverico. “Testa e collo insieme ricordavano un lecca-lecca… avevo pensato fosse pronto per il ruolo di Ichabod Crane”. La curiosità diventa come il martello che picchia il chiodo.

Arriva la svolta con incontri rivelatori. Le dinamiche si ribaltano, lui conduce le sedute parlando di Valerie, del mezzo messicano, dei tizi pesanti. Vicky ascolta senza smontare la logica perversa dei racconti, senza chiedere spiegazioni, adducendo complimenti servili. Si sentiva nella tana del Bianconiglio. E se il martello si trasformasse in arma che fende l’aria a vuoto?

Vicky vive in un film, trasformato in realtà.

L’aspetto del mondo è ciò che ognuno presume si possa vedere modificando mentalmente ciò che si osserva per farlo combaciare con la percezione inconscia di ciò che dovrebbe essere in base alle aspettative…

Romanzo sotto alcuni aspetti grottesco che lascia spazio a riflessioni.

Monikat

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