Sete di Amélie Nothomb

In verità vi dico: ciò che sentite quando state morendo di sete, coltivatelo. Lo slancio mistico non è che questo. E non è una metafora. La fine della fame si chiama sazietà. La fine della stanchezza si chiama riposo. La fine della sofferenza si chiama conforto. La fine della sete non ha nome. La lingua, nella sua saggezza, ha capito che non è possibile creare il contrario di sete. Ci si può dissetare, ma la parola dissetamento non esiste.”

Cosa avrebbe pensato Gesù la notte prima della sua crocefissione? Lo descrive in modo maestrale e con la sua consueta nera ironia Amélie Nothomb nel suo ultimo romanzo “Sete” (Voland edizioni).

Un romanzo breve in prima persona dove a parlare è proprio Gesù.  Ed è lui che si racconta e racconta la sua ultima notte prima del supplizio, il suo amore per Maddalena, il rapporto con i suoi genitori e gli apostoli e le sue perplessità su Dio, suo padre. Un viaggio introspettivo sull’amore, il tradimento, la paura, la fede, la morte, ma soprattutto sulla sete.

E la sete diventa ciò che lo mantiene vigile durante la processione al Golgota e poi sulla croce, fino all’estasi del momento in cui beve da una spugna imbevuta di acqua e di aceto. La descrizione del dolore e delle persone intorno a lui è quella di un uomo normale, che non ha potuto però scegliere di vivere la sua vita come tale.

Dai primi miracoli al momento del processo, la sua vita non ha nulla di ordinario. Sulla croce, per non sentire il dolore descrive la sua passione per Maddalena che lo guarda spiccando in mezzo alla folla e la pena di sua madre. “Devo riuscire a svuotare la testa. Creare il nulla là dove imperversa il rumore. Ciò che chiamiamo pomposamente pensiero in fondo non è che un acufene.”

Il libro termina descrivendo la sua morte, le persone viste da fuori, i sentimenti che non si annullano ma cambiano.

All’inizio ho accettato questo progetto demenziale perché credevo nella possibilità di cambiare gli uomini. Se sono riuscito a cambiarne tre è già tanto. E del resto, che convinzione stupida! Bisogna proprio non sapere niente di niente per pensare di poter cambiare qualcuno. Le persone cambiano solo se la cosa parte da loro, ed è rarissimo che lo vogliano davvero. Nove volte su dieci il loro desiderio di cambiamento riguarda gli altri. La frase “questa situazione deve cambiare”, che abbiamo sentito ad nauseam, vuol dire né più né meno che “la gente” dovrebbe cambiare.

Sveva Assembri

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