“Siete davvero pronti a rinunciare a voi stessi per accedere «al sogno»?”
Entrare in una redazione di moda può essere un miraggio. In realtà, come in molti ambienti di lavoro, chi arriva per ultimo catalizza la curiosità che diventa pettegolezzo e poi stereotipo. “Certo è raccomandata… ma come si veste…”.
La redazione di Vogue, il “The magazine” (Sperling & Kupfer) che evoca il “Diavolo veste Prada”, è quella calcata per alcuni anni da Roberta Lippi con ufficio al terzo piano del palazzo di piazza Cadorna, dall’ingresso anonimo dove tutti arrivano con qualsiasi mezzo purché privato perché fa chic, dove per essere importante devi avere più di un nome… dove Roberta sarà capo redattore della nascente rivista on line.
Qua e là frasi a post-it appuntate negli anni. Qualche consiglio su come scrivere una mail, su come rispondere al telefono, su come utilizzare Google. Roberta confeziona un dress code indossabile in ogni ambito lavorativo perché la stagista è senza esperienza.
La MODA fatta di passerelle e lustrini rimane comunque un sogno. Entrerai e non avrai più vita famigliare, sociale e ricordatevi: le sfilate, quelle vere, le vedrete sul “The magazine”.
La rivista patinata o le nuove pagine web per quanto siano un luogo stimolante ed entusiasmante, alla lunga diventano un ambiente stressante.
Roberta sarebbe fuggita prima ma l’opportunità di nuove sfide ha posticipato quel desiderio di cambiare lavoro emerso da subito. “Ma chi te lo fa fare di lasciare un posto così ambito e sicuro? …”.
La VITA, quella che sta fuori a partire dalla piazza con l’ago fatto monumento simbolo della sartorialità esplosa negli ultimi decenni del Ventesimo secolo. Banalmente anche solo il piacere di gustare delle focaccine nella panetteria dietro l’angolo senza un cane attaccato alla caviglia che ti chiama alle responsabilità.
E il racconto si sviluppa tra ironia, tra consigli che non lasciano spazio al sogno.
Racconta di un ambiente lavorativo come tanti fatto di chiacchiere tra colleghi in mezzo a folate di fumo sul ballatoio del cortile interno o sorseggiando un caffè alla macchinetta.
Cosa racconterebbe Roberta di queste esperienze condivise? Forse ci sarà un seguito.
Monikat
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